XIV Edizione della Giornata di Studio “OLTRE LA GLOBALIZZAZIONE”
A cura della Società di Studi GeograficiOLTRE LA GLOBALIZZAZIONE: Transizioni/Transitions
02 / 2024Firenze, 6 Dicembre 2024
Università degli Studi di Firenze
Presentazione
OLTRE LA GLOBALIZZAZIONE: Transizioni/Transitions
XIV Edizione della Giornata di Studio “OLTRE LA GLOBALIZZAZIONE”
Dopo alcuni anni la Giornata “Oltre la Globalizzazione” torna a Firenze, dove si è svolta la prima edizione nel 2011. Il ritornare alla base nel capoluogo toscano si è pensato fosse l’occasione giusta per lanciare due novità.
La prima è la possibilità di presentare il proprio lavoro nella forma del poster, con il vantaggio di poter discutere in modo approfondito e senza vincoli di tempo con gli interessati. La scelta di presentare il proprio lavoro come poster non esclude comunque la possibilità di partecipare alla pubblicazione finale con un proprio contributo scritto come è tradizione delle giornate “Oltre la Globalizzazione”.
La seconda è l’istituzione di due premi, che hanno l’obiettivo di valorizzare la qualità dei giovani geografi (entro 5 anni dal conseguimento del dottorato): il miglior contributo scritto e il miglior poster. Entrambi i premi saranno frutto del giudizio dei membri del Consiglio Direttivo della Società di Studi Geografici.
Il tema su cui si misureranno gli organizzatori e i partecipanti all’edizione del 2024 sarà “Transizioni”. In termini etimologici transizione significa passaggio, e semanticamente illustra un mutare di condizione. Nella fisica il termine indica il passaggio di un sistema da uno stato a un altro, e la termodinamica precisa che quando un sistema cambia il suo stato, passa da una condizione di ordine a una di disordine. Potenza delle metafore: questa figura, elaborata per illustrare gli eventi del mondo naturale, descrive bene cosa accade nei fenomeni collettivamente messi in atto dal genere umano, che corrispondono a processi di organizzazione ciascuno dei quali presuppone un ordine, il cui destino è di funzionare egregiamente ma infine prima o poi di andare in crisi, per il non evitabile mutamento degli elementi che deve organizzare.
In termini percettivi, ogni generazione coltiva il sospetto di sperimentare straordinarie transizioni, ossia mutamenti epocali nella storia dell’Umanità, e le generazioni presenti non fanno eccezione. Oggi tuttavia vi è qualche motivo per ritenere non esoterica questa suggestione: paiono infatti venire a scadenza i principi di ordine di alcuni dei processi fondamentali e di lungo periodo dell’economia, della società e dell’organizzazione degli interessi, cioè della politica; principi e processi che si riferiscono essenzialmente al nostro rapporto con l’ecosistema, alle forme di organizzazione dei processi di mercato, e all’impatto che le tecnologie stanno avendo sugli stessi mercati e sull’organizzazione sociale.
Da più parti, ad esempio, si richiama l’attenzione sull’inusitata rapidità dei processi che riguardano l’impronta antropica sugli ecosistemi. Se gli astronauti lanciati nello spazio negli anni Sessanta, i primi a poter guardare la Terra dall’esterno, vedevano un pianeta popolato da tre miliardi di persone, quelli di oggi, a distanza di poco più di mezzo secolo, ne osservano uno con dentro otto miliardi. La pressione sulle risorse di questo sistema finito cresce con un’intensità sconosciuta al passato, che ne infragilisce gli equilibri dei cicli naturali e rende necessaria una profonda transizione, ossia la revisione della nostra strategia di sfruttamento delle risorse, con il passaggio a un nuovo regime biologico – il nostro rapporto con la componente animata degli eco-sistemi – e a un nuovo regime energetico, parte essenziale del rapporto con la componente inanimata.
Nessuno può sensatamente coltivare l’illusione che la condizione di ordine infranta da questo passaggio possa essere recuperata senza traumi. Esso coinvolge infatti la particolare modalità con cui da alcuni millenni siamo andati organizzando le nostre pratiche di interazione con le risorse, e cioè il mercato, e in particolare la forma dal mercato storicamente assunta negli ultimi cinquecento anni, ossia l’economia di mercato europea di tipo capitalistico, oggi estesa alla quasi totalità del pianeta. A essa corrisponde, nel dominio dell’osservatore, una particolare fattispecie di ordine, l’ordine mondiale coloniale, che è la forma economico-politica con cui alcuni attori imprenditoriali e governativi hanno organizzato a scala globale e a proprio vantaggio, per oltre cinque secoli, le procedure di accumulazione di mezzi di pagamento e di prerogative di potere.
Quest’ordine, definito mondiale e coloniale perché basato sull’espansione biologica, economica e politica degli europei al di fuori dell’Europa, e sull’esclusione di larga parte della popolazione del mondo dai diritti politici e dai benefici della produzione di ricchezza, è stato via via decostruito nella seconda metà del secolo XX, mentre la prima metà del XXI – se sarà sufficiente… – è quella della costruzione di un nuovo ordine mondiale post-coloniale; di cui sappiamo che comunque arriverà, anche se non sappiamo che forma avrà, né in che modo e in che misura sarà diverso dall’ordine attuale. Niente si comprende dei processi della contemporaneità – compresi gli eventi attualmente in corso nell’Europa orientale e nel Vicino Oriente – se non li si colloca all’interno di questa transizione.
E tuttavia qualcosa sappiamo, del nuovo ordine, e precisamente che non permetterà più di esternalizzare i costi della riproduzione sociale sull’ambiente, benché anche qui siano ignote le forme, l’intensità e le cronologie economico-politiche della loro internalizzazione, né che potrà continuare ancora a lungo a escludere larga parte della popolazione del pianeta dai benefici dello sviluppo economico. Ma se ci interroghiamo sulle modalità attraverso le quali una tale esigenza etica e pratica – pratica in quanto indispensabile alle strategie cooperative imposte dai limiti planetari – può essere realizzata, il quadro si fa di nuovo scarsamente comprensibile.
Il motivo che rende così complicato pre-vedere attendibilmente questi scenari sta in buona misura in un’altra contestuale transizione, quella dalle tecnologie elettro-meccaniche e analogiche novecentesche a quelle digitali. Non si pecca affatto di determinismo tecnologico assumendo che le forme che assumeranno i rapporti economici, quelli sociali e quelli politici saranno fortemente condizionati dall’evoluzione delle tecnologie microelettroniche. Queste ultime in realtà stanno rivoluzionando i profili specializzativi e la geografia economica del pianeta da oltre un terzo di secolo, ma sono ancora così ricche di potenzialità da rendere pressoché certe ulteriori violente accelerazioni, verosimilmente in grado di sconvolgere i mercati sociologici e geografici del lavoro tanto quanto nei passati decenni.
Se si considera che, in quel periodo, le tecnologie digitali hanno reso possibile l’emergere di ambienti oligopolistici globali, con effetti che vanno dalla contrazione del numero degli attori dell’offerta al generalizzato abbattimento del prezzo del lavoro e al trasferimento delle esternalità dai territori alle reti, con ri-concentrazione geografica dei processi di accumulazione – ad onta, o forse proprio in ragione di una rete di circolazione del capitale mai così capillare ed efficiente – se si considera tutto questo, appare chiaro che la transizione tecnologica in corso pone urgente la questione dell’impatto trans-scalare sugli assetti economici, politici e sociali.
Se dunque volessimo razionalizzare il complesso di sollecitazioni che qui abbiamo evocato, avremmo a che fare con un quadro ancora più ampio di quello compreso nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Sin dal 2011 la Società di Studi Geografici destina alle letture della globalizzazione la sua giornata di studi in geografia economico-politica, mentre nel 2022 ha dedicato la sua Giornata di studi interdisciplinari al rapporto fra geografia e tecnologia, e nel 2023 a quello con l’ecologia politica. Ma è parso che alcuni eventi del presente e della stretta contemporaneità abbiamo impresso un’ulteriore critica accelerazione ai processi di mutamento: lo stallo grave e ormai ultradecennale delle politiche ambientali globali, dove l’insuccesso della climate diplomacy si somma ai recentissimi segnali di revisione delle politiche di sostenibilità da parte dei principali attori del sistema inter-statale; la crescente criticità geopolitica nelle relazioni internazionali, testimoniata dalla facilità del ricorso all’opzione militare e dall’ideologizzata spregiudicatezza con cui essa viene eseguita; e infine l’ormai visibile discontinuità tecnologica dell’intelligenza artificiale che in quest’ultimo anno ha riorientato i mercati, dando a un’azienda-chiave una capitalizzazione di borsa superiore al debito pubblico italiano, quanto a dire una volta e mezzo l’ottavo PIL nominale del pianeta.
Se da un lato ciò che serve per confrontarsi con questi rischi e queste minacce è la politica – perché la soluzione individuale non esiste -, ciò che serve alla politica è la chiarezza nell’intelligenza di questi processi. Indicare in Transizioni la parola chiave per questa quattordicesima edizione della Giornata SSG di studi in geografia economico-politica vuole invitare la ricerca geografica a misurarsi nuovamente con questa esigenza civile.
EVENTO
OLTRE LA GLOBALIZZAZIONE: Transizioni/Transitions
Firenze, 6 dicembre 2024
Università degli Studi di Firenze
Sede dell’evento:
Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa (DISEI)
Via delle Pandette, 32 – 50127 Firenze (FI)
INFO
Riferimenti e contatti:
Filippo Randelli: ssg.transizioni2024@gmail.com
Segreteria SSG: info@societastudigeografici.it
LOCANDINA
Soggetti promotori
La giornata di Studi è organizzata dalla Società di Studi Geografici, in collaborazione il Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa (DISEI) dell’Università degli Studi di Firenze.